giovedì 24 marzo 2011

Masaniello: a Bari la Storia lo assolve

Articolo per Go-Bari 24/03/2011
La sua grandezza nell'aver coinvolto la "massa" non può sottoporsi a giudizio

Bari - Masaniello fu un eroe che con coraggio si oppose ai soprusi del tiranno di turno, o un voltagabbana come tanti che utilizzò la sua popolarità per guidare una rivolta popolare perseguendo, però, un proprio interesse personale e di potere? Da ritenersi, dunque, colpevole o innocente?
Innocente. Perchè non si può condannare un pescivendolo venuto al mondo in Vico Rotto al Mercato e che, ventisettenne, si aggirava scalzo per i vicoli di  Napoli; innocente perchè non si può condannare un uomo che, dopo aver sposato la sua Bernardina - per  arrotondare - si dedicava al contrabbando servendo nobili e ricevendo in cambio maltrattamenti; innocente perchè un uomo simile non può essere accusato di essersi ubriacato improvvisamente potere.
Egli dignitosamente è sopravvissuto ai diktat del vicerè spagnolo del cui governo non condivideva la politica fiscale relativa alla gabelle divenute troppo onerose per quei beni di prima necessità coi quali la gente come lui si nutriva quotidianamente. Dunque non può aver agito per interessi personali anche perchè è sempre rimasto fedele al Re di Spagna: "Viva il re, abbasso lo malogoverno" pronunciava davanti al Vicerè una volta penetrato nel palazzo.
Questo il verdetto della Corte presieduta da Giorgio Otranto il quale, dopo aver ascoltato la requisitoria di PM e difesa, ha deciso per l'assoluzione sia pur parziale.

Infatti per le accuse di associazione sovversiva, di possesso armi, di incendio e di procurata evasione, la storia non può condannarlo, ma per gli atti violenti di cui si rese protagonista, ovvero per omicidio volontario plurimo - alcuni dei quali molto efferati - per violazione di domicilio del Vicerè e per violenza e minaccia, la stessa Corte ha optato per una condanna mite costringendo Masaniello ad un periodo dedicato ai lavori socialmente utili. Insomma un invito a nozze per il Governatore di Puglia.

Nel corso del processo scivolato via tra inevitabili discorsi lunghi, una considerazione è d'obbligo: Nichi Vendola ha mostrato delle doti non comuni di attore, del resto non è una novità. Quel saper discutere, dialogare, replicare e contestare in maniera scenica non è passato inosservato oltre ad esser stato parecchio apprezzato.

Era così insito il senso di assoluzione nei confronti di Masaniello che finanche l'accusa, affidata ad uno dei più celebri magistrati italiani, il PM Giancarlo Caselli, da buon sabaudo in tema con l'attualità, pur cercando giustamente dei pretesti per accusarlo, ha mantenuto un atteggiamento di copertura nei confronti di Masaniello evidenziandone, comunque, il bene e il male.

Difeso dall'avvocato Giuseppe Spagnolo, principe del foro barese, il quale, grazie al reperimento di un paio di documenti dall'Archivio di Stato di cui ha chiesto l'acquisizione, ha voluto dimostrare l'innocenza di Masaniello: si tratta di una corrispondenza tra il cardinale di Napoli Filomarino e il pontefice dove si parla di Masaniello come di un personaggio, in realtà, buono e altruista e non, invece, come sostiene l'accusa, assetato di potere, assassino et similia.

A stemperare il momento ci ha pensato il canuto PM Caselli che con quel suo intercalare piemontese tenue e delicato e con quella "esse" tipicamente settentrionale, quasi emiliana, che ancora ridondano in noi essendosi occupato di terrorismo, ha additato quei due documenti come prove ai limiti della veridicità in quanto "fotocopiate". Applausi a scena aperta dal pubblico in sala che si è dimostrato, oltre che attento, anche divertito.

E' stato, infatti, un processo lungo ma condito da momenti di ironia soffusa oltre che di cenni alla situazione attuale con riferimenti chiari al momento politico di oggi come quello in cui il PM domanda a Masaniello "se, per caso, ha mai pensato, nel periodo in cui è stato investito da potere, di farsi qualche legge ad personam"; e lo stesso Vendola, compresa l'antifona, risponde che "no, Sig. Giudice, chi non conosce il latino, non può mai pensare di farsele". E giù risate ed ancora applausi scroscianti e convinti.

Tanto la giuria mediatica, composta da alcuni direttori e capiservizio di testate giornalistiche locali, all'unanimità, quanto quella popolare, ovvero quella della platea, con 740 innocentisti e 314 colpevolisti, in sintonia col presidente della Corte, hanno deliberato per l'innocenza dello scugnizzo Tommaso Aniello D'Amalfi, il "generalissimo".
Masaniello un mito anche per l'Unità d'Italia di cui è un precursore, difficile da procesare e tanto meno condannare. Mazzini, secondo Giuseppe Galasso, consulente storico dell'accusa che ha raccontato fatti inediti allietatando piacevolmente la platea con considerazioni personali relative al periodo storico, lo considerava un eroe nazionale e un patriota popolare. Per lo stesso Galasso la rivolta fu estemporanea e non fu preparata in quanto la situazione economica a Napoli in quel periodo era ai limiti dell'insurrezione.
Insomma, come dire: la sua grandezza nell'aver coinvolto la "massa" non può sottoporsi alla giustizia della storia.
Inoltre, tra le motivazioni del PM relative alla proposta di assoluzione - dice Caselli -  "non si può condannarlo nel 150esimo anniversario del'Unità d'Italia, lui che sotto certi aspetti ne fa parte a tutti gli effetti".
Applausi per tutti. Giustizia a Teatro riprenderà l'11 aprile col processo a Lucrezia Borgia.
Massimo Longo

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