martedì 12 aprile 2011

Lucrezia Borgia: assolta al Petruzzelli

Articolo per Go-Bari 12/04/2011

Per la storia solo una castellana perversa, per la giustizia una vittima del potere


Lucrezia Borgia è stata una vittima del potere e pertanto è da considerarsi doppiamente assolta. Per il primo capo d'accusa - ovvero quello dell'incesto - mancando prove certe, il fatto non sussiste; per il secondo capo, invece, per non aver commesso reato e dunque per non aver ucciso Alfonso d'Aragona, il suo secondo marito. Così ha stabilito la Corte presieduta dal Rettore dell'Università di Bari Corrado Petrocelli che ha concluso l'ultimo appuntamento “Giustizia a teatro” in un Petruzzelli non pienissimo come nei precedenti processi, voluto ed ideato dal Procuratore Antonio Laudati
Anche la giuria mediatica, all'unanimità, tramite la sua portavoce Paola Laforgia, l'ha assolta con formula piena in quanto, da emblema del male, si è rilevata ben presto una donna senza autonomia, un vero e proprio strumento nelle mani del potere casalingo e che solo negli ultimi anni di vita, a Ferrara, ha trovato la “tranquillitas animi”. La giuria popolare, invece, si è espressa con 442 voti di colpevolezza e 540 di innocenza.
Pronta, comunque, la prescrizione nel caso in cui la castellana fosse stata ritenuta colpevole in quanto erano dieci gli anni trascorsi dalla morte dell'ultimo marito fino alla morte della stessa Lucrezia.


Figlia illegittima di un pontefice, tre volte moglie in una corte piena di veleni ed intrighi, pane quotidiano per l'esercizio del potere, sorella di un assassino, sospettata di aver avuto rapporti incestuosi col padre, Lucrezia Borgia da sempre è stata considerata dall'immaginario collettivo come una donna perversa e diabolica assetata della bella vita, del lusso e della trasgressione. 
E la brillante e convincente  arringa della PM Celestina Gravina ha confermato questa tesi grazie alla descrizione della Roma di quel tempo volta a dimostrare che quello “stile Borgia” in cui tutti amavano tutti e nel quale, la duchessa di Subiaco, si sarebbe trovata di colpo ad essere contemporaneamente moglie, nuora  e figlia di Alessandro VI, era di normale amministrazione nelle corti, anche (e soprattutto) se clericali. 

Massimo Miglio, consulente storico dell'accusa, grazie ai suoi studi, ha dato un'idea ben precisa della Roma rinascimentale, quella Roma manichea contaminata da Michelangelo, da Bramante, da Leonardo e da Raffaello, quella Roma contraddittoria dove il sacro e profano la facevano da padroni tanto in città quanto, soprattutto, nel Vaticano dove il papa Alessandro VI - come, forse, qualcuno lo avrebbe emulato qualche secolo più tardi – adunandosi nei palazzi, si divertiva regolarmente con escort d'epoca con tutto ciò che ne conseguiva, dove le donne reclutate senza l'aiuto di impresari pubblicitari in odor di fallimento e senza mezzi busti rimbambiti a coadiuvarli, erano impegnate in una sorta di bunga bunga rinascimentale, riteniamo sicuramente più genuino rispetto, magari, ad un altro preconfezionato. 
E questo “sessuocentrismo” dilagante nella Roma rinascimentale infrangeva i tabù antropologici al punto che anche nel contesto purpureo era routine assistere a serate di questo tenore, in barba al cattolicesimo e al cristianesimo. Ma all'epoca, si sa, nulla era importante come la fama di potere, nemmeno Cristo. 

Dunque, secondo il consulente storico, non era inconsueto accoppiarsi incestuosamente così come era tutt'altro che impossibile diventar meretrice anche se dietro ogni unione c'era sicuramente uno disegno politico con il diktat del potente di turno, padre o fratello maggiore che fosse, pronto a sacrificare figlie e sorelle pur di intrattenere buoni rapporti con ducati o stati nemici.  
E la storia, grazie a lettere private, storie d'epoca (Savelli e Bucardo, tanto per fare due nomi), bolle pontificie, racconti e dispacci di ambasciatori, ha dipinto la duchessa Lucrezia Borgia come una donna pronta finanche ad uccidere il marito pur di levarselo da torno, come una donna pronta a copulare pure col messo vaticanense inviato dal padre durante il suo soggiorno sospetto in convento, una donna che si è concessa ai mecenati di turno alla corte del papa che pure la decantavano come donna “bella e colta” (come Ludovico Ariosto) e quindi, per l'epoca, brutta ed ignorante, scagionandola da quella accusa infamante di mangiatrice di uomini che il Wikileaks d'epoca, coadiuvato da celebri pennivendoli, le aveva affibbiato.

La difesa affidata efficacemente al penalista Egidio Sarno, coadiuvato dal proprio consulente storico Giorgio Otranto, è risultata breve concisa e compendiosa al punto da essere estremamente convincente. Sarno ha smontato il castello accusatorio della PM materana riuscendo a dipingere una figura femminile vittima del potere e del pregiudizio, una Lucrezia, con ogni probabilità, diversa da quella descritta nel corso di questi 500 anni, una donna piena di sentimenti il cui obiettivo era solo quello di allevare i figli, volergli bene, e di amare il proprio marito scelto da lei e non imposto. 
Del resto sin dall'antichità, da Atene a Roma, passando per Sparta, alla donna tendenzialmente bella e colta, non è mai stato perdonato nulla e la storia ne ha supportato sempre questa tesi: da Messalina a Cleopatra, tanto per citare due nomi. E come nella vita - sia pur in un gioco mediatico perfettamente riuscito - solo il tempo avrebbe potuto riabilitare la donna con queste caratteristiche con un'assoluzione senza tanti indugi. Meglio tardi che mai. 
Peccato per la sempre bella Gabriella Carlucci: quel suo modo di esprimersi, proverbialmente troppo veloce - appunto alla “Carlucci” - ha sgraziato un po' l'atmosfera cortigiana che si era venuta a creare. Ma si sa, le Carlucci son così. Anche a Margherita di Savoia. Prendere o lasciare.
Massimo Longo

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