lunedì 21 febbraio 2011

Da San Siro a San Remo: tra luci spente e riaccese

Articolo per Go-Bari 20/02/2011
Luci a San Siro che si spengono per riaccendere quelle di Sanremo, attraverso quelle di Samarcanda e San...Toro
Foto: http://www.portaledelcinema.it
Quel passo "ma dammi indietro la mia secento, i miei vent'anni e una ragazza che tu sai" non era, all'epoca, adeguato per un Sanremo. No. E nemmeno il "Ridere ridere ridere ancora ora la guerra paura non fa" di Samarcanda. Eppure anche quella era poesia, anche lì si parlava d'amore, di morte, di guerra, ma forse il Prof. Vecchioni aveva omesso di citare il sostantivo "libri".

Parole quelle di Vecchioni che, ci auguriamo, arrivino dirette al cuore di certa gioventù che ancora attende miserabilmente sui muretti di Piazza del Ferrarese o per i dedali di una troppo globalizzata città vecchia, quel Godot che, ci spiace per loro, non arriverà mai e che risulta sempre più incline ad emular le gesta coltivate, irradiate e proposte da una certo liberismo di potere mediatico, a spender la loro paghetta settimanale al luppolo e all'alcool e a smanettar per forum di tifosi sfigati piuttosto che dirottare il loro tempo perso a consultare libri negli scaffali dell'unico tempio letterario della cultura rimasto ancora in piedi a Bari con le sue ideali colonne dorico/corinzie, ovvero la Libreria Laterza affinchè ne condividano, ne recepiscano e ne catturino quel momento magico dello sfogliar pagine che, spesso, è pari al corteggiare una donna. Senza bere.

E' strana la vita: a guardar le bacheche di facebok sembrerebbe che molti integralisti dell'antisanremismo imperiale abbiano emulato le gesta dei celebri peracottari passati, tout court, dal partito di Fini alla maggioranza, senza tuttavia, ottenere nulla in cambio. Forse attirati dal rumor che lo stesso festival stava irradiando man mano che le serate trascorrevano. E pensare che costoro lo hanno sempre snobbato: "L'ultimo Sanremo che ho visto, sia pur non interamente, deve essere stato - scrive un utente un po' retrò su facebook - quello che vide vincere la sconosciuta Tiziana Rivale, carina, voce semplice ma acuta. Ma prima di quel festival - prosegue l'utente romantico-pasoliniano - ho solo ricordi in bianco e nero, da Una lacrima sul viso a Il cuore è uno zingaro e la minigonna color seppia di Nada che competeva parecchio con quella di Mina che duettava con Battisti e soprattutto quella di Sabina Ciuffini, e che lo cantava insieme a Michele Scommegna da Zapponeta. Mai come quest'anno, forse, avrei dovuto vederlo. Eppure - conclude - gli ho coerentemente preferito prima Santoro (che, guarda la combinazione, vent'anni fa diceva le stesse cose da Samarcanda), anche se fino all'arrivo di San Morfeo il quale ha preso il sopravvento su di me, poi un'avvincente episodio di Diabolik ed Eva Kant che amo follemente, amore purtroppo non corrisposto, e poi il lavoro".

Ed in effetti, leggendo le bacheche del giorno dopo, sembrava un'elegia di stralci sanremesi, da Benigni a Vecchioni, da Albano, il duo pugliese, alle fisiologiche gaffes morandiane, ovvero di chi presentatore non è, dalle due bellezze presentatrici, oche quanto volete ma pur sempre due belle fanciulle, ai due comici tanto misurati e bipartisan quanto efficaci come pochi, insomma il classico programma televisivo, finalmente, da vedere e godere in panciolle a casa dal momento che, una tantum, si poteva pure infrangere la regola della coerenza. Bravi gli integralisti insospettabili: hanno fatto la scelta giusta. E peccato per noi che, invece, ce lo siam lasciati sfuggire, da integralisti comunisti.

Da questo festival che, storicamente, unisce Bormio a Lampedusa, Oristano ad Otranto, rimane il ricordo di una ennesima lezione di vita da parte di Roberto Benigni il quale da vero italiano non solo ha rispettato il suo status di comico, unico, vero e reale, ma ha capito che 250mila euro guadagnati in un'ora, anzi in 50 minuti, fossero decisamente non tanto troppi, ma uno schiaffo al momento delicato che il paese sta attraversando. Scontato e da applausi averli concessi in beneficenza nonostante il risentimento troppo frettoloso di chi è su facebook per strumentalizzare un evento a favore della politica.

Non rimarrà che l'esegesi dell'inno d'Italia che inevitabilmente ha fatto incazzare i leghisti a causa di una Legnano troppo frettolosamente passata tout-court dalla Padania all'Italia per colpa di quel "a coorte", e del complemento oggetto/soggetto di quel "schiava di Roma" riferito non all'Italia ma alla vittoria.
E pensare che all'aeroporto di Delirio al Serio a "Berghen" di sotto, i monitor gestiti dalla ICMoving Channel che trasmettono il meteo Sky, si limitano a far vedere i gradi dal nord fino a Campobasso, escludendo il Sud.
Non rimane che riaccendere le luci, quindi, non a San Siro ma a San Remo. Luci a San Remo che d'ora in avanti rimarrano fari della poesia, di una poesia già decantata 50 anni con altra metrica e della storia d'Italia raccontata come piacciono a tutti, vale a dire con l'ironia saccente di chi la conosce davvero.

E mentre altre luci sul mediterraneo, purtroppo o per fortuna dipende dai punti di vista, sono già accese da un bel po' con le conseguenze tristemente note, dalle nostre parti, invece, certe luci sono accese per altri motivi. E pensare che il premier di Arcore è amico del Re Sole libico e che tre mesi fa lo stesso maresciallo beduino nato nel deserto ha fatto bunga bunga col cavaliere in una tendopoli messa su a Roma, diversa da quella in cui, come i cristiani dell'epoca neroniana, 4 bimbi innocenti hanno illuminato le nefandezze, le assurdità e le contraddizioni tenebre capitoline. Con l'unica differenza che se il maresciallo sta per cadere, il nostro cavaliere che di soldi ne ha tanti e che, a differenza di Benigni, fa beneficienza solo a minorenni, donne più o meno appetibili e a chi gliela dà, è in sella saldamente, senza timore di essere disarcionato da nessuno.
W l'amore, W la poesia, W Vecchioni W l'Italia.

Massimo Longo

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