mercoledì 12 gennaio 2011

Intervista a Claudio Lolli

Due lunghe e amabili chiacchiere con Claudio Lolli, tra tempo passato e tempo futuro passando per un presente incerto e troppo inqualificabile. Ieri a Bari il cantautore ha reso omaggio a Benedetto Petrone nel concerto organizzato in piazza Prefettura dal comitato 28 novembre.

Che insegnamenti le hanno lasciato gli anni 70? Ha rimpianti?
“Con molta passione, non credo sia giusto etichettarli come anni di piombo e di violenza perché in realtà c’era una grande attenzione al sociale, al mondo, un grande desiderio di esistere, di criticare, di ragionare, di riflettere, non credo siano stati negativi. Non ho rimpianti, il rimpianto è un sentimento che non mi piace, ho cercato di vivere in modo di non averne mai. La situazione politica generale sembrava promettere qualcosa che non ha mantenuto, ma non chiamiamolo rimpianto. Io quello che dovevo fare l’ho fatto”.



Si possono definire anni di rivoluzione culturale portati avanti da chi, forse, cercava di cambiare il mondo e all’interno dei quali, inevitabilmente, si celavano frange di lotta armata?
“Si, 68-77 è stato l’unico decennio di rivoluzione culturale in Italia seguito da una regressione, come dice Umbro Eco, A passo di Gambero. Stiamo tornando indietro ma è stato un momento di grande desiderio di capire, di criticare i valori a cui la nostra generazione era cresciuta come la famiglia, la religione cattolica, la sopportazione all’autorità nella scuola, la disciplina, il rapporto uomo-donna, le riunioni di autocoscienza maschili. Io penso che siano stati degli anni importanti per il nostro paese”.

Esiste, seconde lei, un comune denominatore tra quegli anni e adesso? Differenze tra generazioni.
“No. Non so se la mia impressione è parziale, forse il mio osservatorio lo è in quanto lavoro in un liceo quindi a contatto coi ragazzi, ma mi sembra che queste tensioni verso l’apertura siano negate. Senza generalizzare, oggi i ragazzi, almeno quelli che conosco io, non hanno grande percezione della collettività, della politica, fanno della domande agghiaccianti. La nostra era una generazione che voleva esplodere, loro stanno implodendo e questo ti da una ragione dei suicidi adolescenziali che sono tantissimi. Sono ragazzi a cui non manca nulla, stanno bene eppure stanno male, perché non comunicano, non hanno la percezione di se, di una collettività tra di loro, vivono in gruppetti di tre amici, a casa, oppure nelle grandi movide, sono superficiali. Alla fine, poi, il non sentirsi mai, è qualche cosa che diventa insopportabile, perché l’obbligo ad essere felici, belli, sani e contenti è un obbligo pesantissimo perché, di fatto, nessuno di loro è bello, felice e sano. Ma non lo ammetteranno mai”.

Perché secondo lei, una certa frangia giovanile si avvicina ai vostri testi? Ce ne sono di giovani che vi seguono ai concerti, non solo genitori.
“Non so, francamente, non so spiegarmelo, è un mistero. So che molti studenti seguono Francesco (Guccini ndr) ai suoi concerti, so che è molto amato, sono entusiasti, ma francamente non riesco a spiegarmelo. Probabilmente perché ho pochi strumenti per valutarlo ma, credimi, mi sembra così distante dal loro modo di vivere che davvero non so spiegarmelo”.


Cosa ne pensa dei social network, delle chat? Che rapporto hai col PC ed internet?
“Zero. Non li conosco, i miei figli hanno cercato 10 volte di aprire un mio profilo su facebook ma non capisco di che si tratta. Una volta un mio studente mi ha detto: “Professore, sa, sono diventato suo fan su facebook”, ed io: “Grazie”. Son tornato a casa e ho detto a mio figlio “prova ad aprirmi un po’ questa cosa qui”, lui mi ha compilato un fogliettino con le indicazioni da seguire, coi numerini, ho provato a seguirle, ma poi ho mandato tutto a quel paese. Non era per me (sorride, ndr). Il rapporto col computer, invece, è molto sereno. Documenti, il foglio word dove scrivo, la posta elettronica e, purtroppo, il sito della mia banca dove entro per controllare il mio conto doloroso”.

Sempre convinto di aver scritto troppo frettolosamente Borghesia?
“Beh, quando l’ho scritta andava bene così. Certo, c’era una sorta di ottimismo, decisamente strano in me, rivelatosi poi fallace. Ma no, non è stata assolutamente spazzata via, anzi. Ero sicuro che accadesse all’epoca, sai, leggevo Marx, Hengel, e dicevo che non c’è futuro per questa classe sociale. La prossima volta che scriverò una nuova Borghesia, starò più attento”.

Molti ragazzi ci chiedono: quando un concerto o un disco con Guccini?
“Io e Francesco abbiamo fatto qualcosa agli inizi. Negli anni 80 mi ha chiamato a fare da spalla in qualche concerto. Al momento non è previsto ma, in effetti pensandoci bene, credo che sarebbe molto divertente. Farei due tre pezzi con lui prima di ogni concerto. Chissà”.

Conosceva la storia di Benedetto Petrone? Sa che ci son voluti 32 anni per intitolargli una strada? Probabilmente, solo ora, è tornato in vita.
“Io posso capire che alcuni percepiscono una certa freddezza in questo tipo di manifestazione nella ritualità che comportano, ma credo sia una cosa molto importante. Intitolargli una strada lo ha restituito alla vita ma soprattutto gli ha restituito la dignità, quantunque per noi l’ha sempre avuta. Perché ci son voluti 32 anni? Siamo in Italia e, come diceva Peppino, ho detto tutto”.

Rumore rosa, un’arpa eolica del mio dimenticare… ma come le è venuto di scrivere questa cosa straordinaria?
“L’arpa eolica è una bellissima cosa dei romantici inglesi, questa idea che la natura, il vento che produceva dei suoni, la voce della natura che per loro era l’essenza della poesia è una cosa che mi ha sempre affascinato sin da ragazzo e il “dimenticare” fa parte della natura e produce dei suoni anche senza che lo si voglia e che lo si organizzi”.

Considerato il momento politico attuale che, però, si perpetua da 15 anni, perché non torna a farsi sentire con nuove Borghesie?
“Dal punto di vista della produzione continuo a scrivere canzoni (La scoperta dell’America, ndr), è che il potenziale di visibilità non dipende da me. La voce continua, io pubblico pure anche se l’età incalza, ci vuole solo qualcuno che ascolti e che assimili i miei messaggi che, sia pur in contesti diversi, sono sempre gli stessi”.

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